(Cass. Pen. sent. del 22.01.2019 n. 2905 – N. 2942 del 22.01.2019)

Il motivo principale che spinge qualcuno a controllare il cellulare o il pc del proprio partner o coniuge è il sospetto che questi possa intrattenere una relazione clandestina o extraconiugale.

Tale condotta di solito è maggiormente ravvisabile in quei soggetti con problemi di autostima o che in passato hanno riposto fiducia ed aspettative in relazioni che poi si sono rivelate essere fallaci o concluse con un tradimento.

Art.15 Cost. : Diritto alla privacy

L’art. 15 della nostra Costituzione, norma il diritto alla segretezza della corrispondenza recitando che: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

Art. 615 bis c.p.: Interferenze illecite nella vita privata

Tuttavia, la condotta conseguente alla violazione della norma sulla privacy di cui sopra, comporterebbe in capo all’agente non solo la violazione di una norma costituzionale ma anche l’integrazione della fattispecie delittuosa di cui all’art. 615 bis c.p. “Interferenze illecite nella vita privata”, il quale punisce:Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.” 

Il bene giuridico oggetto di tutela da parte di entrambe le norme è il diritto alla privacy e alla riservatezza informatica dell’individuo, che essendo un diritto fondamentale, non può soggiacere o affievolirsi dalla sussistenza di una relazione o di un matrimonio.Nonostante quindi non ci sia violenza fisica, il comportamento clandestino di chi spia chat e-mail o social (Instagram, Facebook etc.) del coniuge o del partner costituisce un vero e proprio reato. 

La Suprema Corte infatti, si è pronunciata in merito al caso de quo, stabilendo che: “In relazione alle e-mail, non rileva la circostanza che in precedenza il coniuge o il partner abbia fornito all’altro le credenziali di accesso al suo account di posta elettronica, se le stesse vengono utilizzate in un’occasione successiva e senza autorizzazione”. (Cass. sent. n. 2905/19 del 22/01/2019 e n. 2942/19 del 22/01/2019). 

In ossequio a quanto statuito sopra, ogni qualvolta si è intenzionati a leggere e-mail del coniuge, convivente o di chiunque altro, come un collega di lavoro o partner non convivente, risulta indispensabile chiedere preventivamente una specifica e autonoma autorizzazione. 

L’attuale corrente giurisprudenziale, sul punto, appare piuttosto pacifica ed unanime, orientandosi favorevolmente sulpreventivo consenso e/o autorizzazione del soggetto titolare del dispositivo informatico, elemento che prescinde dal rapporto che questi ha con l’agente. 

Tuttavia nel 2016, il Tribunale di Roma aveva stabilito contrariamente che: “non costituisce reato spiare le conversazioni del partner convivente quando il cellulare viene lasciato a portata di mano, poiché quando si convive vi è una oggettiva riduzione della privacy”; una sorta di autorizzazione rilasciata in forma presuntiva e tacita.

Conclusioni

  • Non è ammesso spiare il cellulare o altro dispositivo informatico del partner o coniuge senza un suo esplicito e preventivo consenso; né per appurarne il contenuto e provare quindi un eventuale tradimento, né tantomeno per avere un addebito della separazione in giudizio.