(Cass. Pen. sent. del 22.01.2019 n. 2905 – N. 2942 del 22.01.2019)
In prosieguo a quanto detto nel post precedente, il motivo principale che spinge qualcuno a controllare il cellulare o il pc del proprio partner o coniuge deriva dal sospetto di una ipotetica infedeltà.
Ma cosa accadrebbe se tale condotta venisse attuata con l’utilizzo della forza, sottraendo altresì con violenza il dispositivo dalle mani del legittimo proprietario?
Art. 628 c.p. : Rapina
Ovviamente tale comportamento non potrebbe rimanere impunito, ed infatti come statuito dalla Suprema Corte in sede di legittimità: ” Sottrarre con la forza dalle mani altrui il cellulare o altro dispositivo informatico, nonostante tale azione sia volta a cercare le prove di un tradimento, integrerebbe il reato di Rapina di cui all’art. 628 c.p.” (Cass. Pen. V sez. sent. del 14.06.2022 n. 40302)
Tale norma quindi, punisce: “Chiunque, per procurare a se’ o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, e’ punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da lire cinquemila a ventimila”.
Ebbene, il reato de quo, presuppone che l’agente consegua un “ingiusto profitto”, che non deve necessariamente concretarsi in un’utilità materiale (somme di denaro etc.), potendo consistere anche in un vantaggio di natura morale o psicologico che l’agente si riproponga di conseguire, sia pure in via mediata, dalla condotta di sottrazione ed impossessamento, con violenza o minaccia, della cosa mobile altrui. (Cass. pen. sez. II sent. n. 4557 del 2021)
Le informazioni acquisite dall’agente in questo modo possono costituire Materiale probatorio in sede di giudizio?
Il legislatore esclude la possibilità di utilizzare a proprio favore in sede di giudizio le prove ottenute in questo modo, poiché acquisite dall’agente in modo difforme al dettato delle norme.